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Capitolo 26

Paura della recidiva del cancro. La storia di Domenica - Il punto di vista del paziente

“Bellissima la sua immagine del profilo. Vedo una torta. Ha festeggiato di recente il compleanno?”

“Sì, il mese scorso. Ho compiuto 48 anni. Mi sto facendo vecchia, dottoressa… ma meglio così. Sono felice di poter invecchiare!”

Inizia così e prosegue con una risata di cuore la conversazione telefonica con Domenica, una donna che si è affidata a me tanti anni fa, quando affrontava le cure relative al cancro al seno. Le chiedo il permesso di registrare l’audio, le spiego il senso della nostra chiacchierata, il valore della sua testimonianza.
Le chiedo come sta: mi racconta di sentirsi bene, in forma. Oggi ha 48 anni e due splendide figlie che nel frattempo sono cresciute. La grande a breve si laureerà, la piccola frequenta il Liceo.

È una voce che si riempie di orgoglio, mi sembra di vederla sorridere. Anche la vita di coppia procede serenamente, suo marito è in un’altra stanza ad assemblare un mobile appena acquistato mentre noi continuiamo indisturbate la nostra telefonata.

“Domenica, quanto tempo è trascorso dalla diagnosi?”, e spostiamo l’attenzione sul capitolo della sua vita legato al tumore.

Come un fiume in piena inizia il suo racconto: “Certe cose non si scordano - tiene a precisare - sono trascorsi otto anni. Era la primavera del 2014.” Superati i primi cinque anni dall’esordio della malattia, mi spiega che i controlli sono stati affidati al medico di famiglia: “Se lo ricorda il giorno in cui è stata congedata dal suo oncologo di fiducia? Cosa ha provato?” “Il giorno in cui mi hanno detto che sarebbe stato l’ultimo ho provato un senso di vuoto, di smarrimento.”

Per lei l’appuntamento, ormai divenuto annuale dall’oncologo, rappresentava un fattore di protezione, si sentiva rassicurata. Nonostante le buone intenzioni dell’oncologo, a Domenica sembrava una notizia sconfortante perché la paura che durante i follow-up potesse ripresentarsi la malattia non le è mai scomparsa, e nessuno meglio dello specialista oncologo (a suo parere) poteva rappresentare la figura più adatta a farsi carico della gestione di quei controlli che ogni volta fanno emergere antichi timori. Per ragioni simili, decideva di ricorrere alla consulenza annuale di uno specialista oncologo in regime libero professionale.

Domenica sembra incarnare i sentimenti di migliaia di uomini e donne con una diagnosi pregressa di tumore, spaventati, in ansia alla sola idea che il cancro possa ritornare in seguito alla fine dei trattamenti, nonostante siano in remissione di malattia o addirittura guariti. Lei ricorda benissimo che la paura è apparsa la prima volta all’esordio della malattia, quando il senso di incertezza circa il futuro era pervasivo. Con l’avvio dei trattamenti si era rasserenata, “ma quando si terminano le cure, se da un lato ti senti sollevata, dall’altro ti senti di nuovo smarrita, come in una fossa dei leoni, come se senza la protezione della chemio prima, e della radio dopo, possa ripresentarsi il tumore.”

“La vita quotidiana si vive normalmente, però”, ci tiene a precisarlo. Le sue paure non hanno mai compromesso la qualità della sua vita, né la serenità della sua famiglia che percepisce come un supporto adeguato e potente. Lei stessa si assicura che i suoi affrontino serenamente tutto ciò che riguarda la gestione dei suoi controlli:

“La loro serenità è la mia. Se mi vedono sorridere, mi ricambiano il sorriso e io mi sento meglio.”

Domenica ha imparato a riconoscere l’esistenza dei fattori che scatenano le normali preoccupazioni, come nel caso delle visite di follow-up che hanno anche la forza (cupa) di far riemergere il ricordo di tutto il trascorso. Ammettere che sia legittimo in quelle circostanze provare ansia ha un potere calmante subito dopo, quando concluse le visite di routine ripone tutti i referti in una carpetta che custodisce in un cassetto e: “Bye bye, ci vediamo l’anno prossimo e di te per i prossimi mesi non voglio più saperne!”

L’ansia di quei momenti la descrive come un senso di impotenza: “Vorrei tanto che il risultato fosse buono, ma ogni volta mi rendo conto che non posso gestirlo, non ho il controllo! Mi comincia il mal di testa, così capisco che il mio solito stress di quei momenti si sta affacciando”. È brava a riconoscere le sue emozioni, persino quando cerca di riprendere la calma: “Poi, però, passa. Ormai lo so. Eh beh, dottoressa, qualcosa ho imparato in due anni di sedute insieme…” e ridiamo un’altra volta, sempre di cuore.

Le chiedo se ci sono altri momenti in cui si riacutizza la paura della recidiva. Mi racconta che le succede ogni volta che incontra persone che esercitano un influsso negativo su di lei: “Col tempo ho imparato a riconoscerle e a tenerle a distanza. Sono quelle persone che ti raccontano l’esperienza dell’amico che non ce l’ha fatta, della cugina che ha avuto la malattia uguale alla tua e in seguito a una recidiva è morta! Da questi racconti mi guardo bene. Di contro ho imparato a dare il mio sostegno alle persone a me vicine che hanno un’esperienza simile alla mia. Cerco di dare una parola di conforto. C’è bisogno di circondarsi di persone positive. In fondo che motivo c’è di raccontare storie angoscianti?” Mi racconta come, per sedare l’ansia durante la seduta di risonanza magnetica, effettua la respirazione lenta e profonda diaframmatica, richiamando alla memoria quello che ha appreso nel corso delle nostre sedute. “E se mi accorgo che la mente si focalizza troppo sulla paura, cerco di riprenderla. Sono diventata bravissima, dottoressa!”

Le domando infine dei suoi progetti.
“Io non faccio progetti a lungo termine, faccio progetti a breve termine. Non dico mai l’anno prossimo, dico adesso! Mia figlia giorni fa mi chiedeva di organizzare un viaggio prima della laurea. In altri tempi le avrei detto che ci avrei pensato che probabilmente avremmo fatto dopo l’estate. Oggi le rispondo, dimmi quando sei disponibile e mi libero subito!”

Domenica sembra una di quelle persone alle quali l’esperienza di malattia oncologica ha modificato le priorità e il senso che attribuiamo alla vita, alle relazioni, alla nostra stessa essenza. Inoltre, la sua esperienza è una delle tante testimonianze che ricevere un aiuto professionale può essere una risorsa importante per affrontare le paure reattive al cancro nel modo più adeguato possibile.

“In considerazione della sua esperienza, cosa consiglierebbe alle persone che affrontano i controlli in modo particolarmente ansioso?”

“Mi è capitato di recente con la cugina di mio marito. Le suggerisco di respirare piano. Le faccio sentire la mia vicinanza affinché non si senta sola. Lei tutti i giorni, o quasi, piange. Si sottopone a ripetuti inutili estenuanti accertamenti. Io consiglio alle persone come lei, con una forte ansia, di farsi seguire da uno psicologo con esperienza specifica in oncologia, come ho fatto anch’io. C’è bisogno di un aiuto per vivere nel modo più dignitoso possibile quello che in qualche modo ci è stato “destinato”. Io mi ritengo fortunata, dottoressa, perché ad oggi la mia paura è solo una parentesi durante i follow-up e io poi vivo la mia vita normale.”

E finiamo come abbiamo iniziato: una torta, la festa di compleanno, la bellezza della sua foto profilo.

“Domenica, un’ultima cosa e ci salutiamo… Mentre soffiava le candeline, qual era il suo desiderio più profondo?”

“Quello di poter vivere più a lungo possibile per poter vedere i traguardi delle mie figlie…”

E partecipo al suo desiderio. Col cuore anche stavolta.